Andrea Luci domenica si è presentato in sala stampa con la medaglia della promozione al collo, accompagnato da Luca Mazzoni. È l'immagine di un uomo sereno, fiero del suo percorso con la maglia del Livorno, dove ha trascorso 13 stagioni collezionando 420 presenze in campionato, compresi i playoff.
Il capitano amaranto ha annunciato l'addio al calcio giocato al termine di una stagione coronata dalla promozione, la terza della sua carriera con il club toscano dopo quelle ottenute con Nicola per la Serie B e con Sottil-Foschi-Sottil per la Serie C.
"Con il Foligno finiva il campionato, almeno in casa. Poi, non so se Indiani vorrà utilizzarmi nelle partite della poule scudetto. Mi sono avvantaggiato, mettendo intanto un punto e salutando la nostra gente. Se poi dovesse servire, sarò a disposizione e dovrete aggiornare le statistiche. Credo di lasciare un bel ricordo. Ho sempre cercato di dare il massimo sia in allenamento che in partita. A volte è bastato, altre, no", ha dichiarato Luci, come riportato dal Tirreno.
Non un bomber di razza, ma un instancabile centrocampista che nei professionisti ha segnato al massimo tre reti in una stagione (2014/15 in B e 2017/18 in C), stabilendo il suo record personale proprio lo scorso anno con tre gol nella stagione regolare e uno nei playoff.
La carriera di Luci è stata caratterizzata da momenti indimenticabili: l'esordio in Serie A nel 2013/14, il primo gol nella massima serie contro il Cagliari, ma anche il grave infortunio al legamento crociato anteriore sinistro nel febbraio del 2014, proprio contro i sardi, il giorno dopo i festeggiamenti del 99° compleanno del Livorno.
Un periodo difficile che coincise con la diagnosi di FOP (fibrodisplasia ossificante progressiva) per il figlio Marco, che all'epoca aveva 5 anni. Una situazione che mosse la solidarietà del mondo del calcio, con numerosi colleghi che donarono fondi per la ricerca sulla malattia.
Interrogato sui ricordi più belli della sua avventura in amaranto, Luci ha risposto: "La più bella emozione, la finale playoff di B con l'Empoli, giorno in cui ebbi la certezza che avrei presto giocato in serie A. Il sogno mio e di tutti i bimbi quando cominciano a giocare. Non eravamo uno squadrone, ma raggiungemmo l'obiettivo con tanto lavoro".
Non è mancato un riferimento all'episodio del Bentegodi, quando reagì ai cori offensivi della curva veronese su Morosini: "Tutto quello che ho fatto, lo rifarei. Nulla di grave, in confronto a certi cori che arrivavano dagli spalti su Morosini, scomparso durante il campionato precedente, la cui ferita era ancora troppo aperta. Fui istintivo, sì. Ma alla fine, dopo il deferimento, mi fu riconosciuta dagli organismi di giustizia sportiva, la non volontà di offendere alcuno".
Per quanto riguarda il futuro, sembra che Luci possa continuare la sua avventura in società: "Già c'è stato qualche incontro, i progetti che mi sono stati illustrati sono di grande stimolo. Quindi, aspettiamo la fine della stagione e poi ci siederemo per trovare una eventuale definizione".
Dell'ultima stagione in campo, il capitano porterà con sé soprattutto i momenti di condivisione: "Ogni giorno vissuto nello spogliatoio. Sapendo che sarebbe stato il mio ultimo campionato, ho cercato di godermi ogni momento. Dal campo durante la settimana, alle risate nello spogliatoio. Una carriera lunga ma che a un certo punto deve finire. Mi mancherà tanto stare da questa parte, ma è normale guardare avanti".
Sul futuro del centrocampo amaranto, Luci ha individuato due potenziali eredi: "Non sono di primissimo pelo, ma direi che con Bellini e Hamlili, il centrocampo ha già due bei pezzi da cui partire. Rispecchiano, pur non essendo livornesi, il carattere labronico".
L'intervista si è conclusa con un ricordo di Aldo Agroppi, figura storica del calcio livornese: "Mi avrebbe insultato perché ho litigato con l'arbitro facendomi ammonire. Lui riteneva che protestare non serve a nulla. È stato un grande sportivo, un gran calciatore e una grande persona. Che in tanti anni, mi ha aiutato con i suoi consigli. Ci ha lasciato troppo presto".
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