Un incontro conoscitivo, forse anche chiarificatore, finora mai andato in scena e consumato pochi minuti prima dell'amichevole di Gubbio. I dirigenti dell'Arezzo da una parte, i rappresentanti dei gruppi organizzati della Minghelli dall'altra: mezz'ora di confronto sull'esito infausto dello scorso campionato, sulla questione ripescaggio, sugli obiettivi a breve e medio termine. Dopo mesi di freddezza da parte della curva, scossa da una retrocessione velenosa, le parti stanno tentando di voltare pagina. Il faccia a faccia di ieri è da considerarsi un primo passo in questo senso, all'alba di una stagione in cui l'imperativo è vincere. E, in un link inscindibile, ce n'è un altro non meno importante che è ricostruire. Le macerie dello scorso campionato fumano ancora e per l'Arezzo i margini di errore sono praticamente azzerati. Svanito il ritorno in Lega Pro tramite le carte bollate, la strada da percorrere è una sola ed è quella che conduce alla promozione dalla serie D, in una categoria tradizionalmente indigesta da queste parti.
Ci vollero tre anni a Graziani, tra il 1993 e il 1996, per cancellare gli imbarazzi delle sconfitte contro Russi, Ellera e Città di Castello. E senza Cosmi, chissà... Ce ne vollero altri quattro, tra il 2010 e il 2014, per riemergere dalle sabbie mobili di Trestina, Pierantonio e Scandicci, e solo grazie al secondo ripescaggio della storia amaranto. La speranza è che stavolta vada diversamente, anche se il contesto è pieno di incognite.
L'emergenza covid pende come una spada di damocle sulla riapertura degli stadi e sulla partecipazione del tifo, che ad Arezzo nei dilettanti potrebbe fare la differenza. Poi ci sono i miasmi della retrocessione, duri a smaltirsi nonostante la ragione imponga di guardare avanti. E poi c'è il clima di sfiducia, di diffidenza che la piazza non si è ancora scrollata di dosso dopo mesi di calvario tecnico, con un tourbillon di dirigenti, allenatori e calciatori che è stato una delle cause dell'ultimo disastro.
Ricostruire un rapporto fertile con l'ambiente è la sfida più complessa per la società, sbarcata ad Arezzo un'estate fa e finita clamorosamente sul banco degli accusati nonostante non abbia lesinato soldi da spendere. Però i soldi non sono tutto, specie nel calcio.
Sarà il campo, come succede sempre, a indirizzare umori e giudizi. Ma di lavoro ce n'è molto anche fuori dal rettangolo di gioco, in un ventaglio di doveri che va dalle relazioni istituzionali con il Comune al marketing, fino al feedback con la tifoseria: tutti aspetti migliorabili e che, se gestiti con trasparenza e professionalità, possono portare benefici. La stretta di mano di Gubbio, in questa chiave, può essere un nuovo inizio.
Autore: Redazione NotiziarioCalcio.com / Twitter: @NotiziarioC
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