La vicenda che sta scuotendo il Brescia assume contorni sempre più drammatici e vede il suo patron, Massimo Cellino, in prima linea per difendere la sua gestione e il futuro del club.
Dopo il comunicato ufficiale della società, è lo stesso Cellino a rompere il silenzio e a raccontare la sua verità ai microfoni de La Gazzetta dello Sport, con dichiarazioni che tuonano come un grido d'allarme.
«Confermo di aver utilizzato quel sistema di pagamento, l’avrei fatto anche a giugno per l’iscrizione, perché è corretto. Se mi avessero detto che non andava bene, avrei pagato di tasca mia, come ho fatto in tanti anni di calcio tra Cagliari, Leeds e Brescia, vendendo anche le mie case», esordisce con fermezza Cellino, respingendo con veemenza qualsiasi insinuazione su presunte irregolarità. Le sue parole lasciano trasparire una profonda amarezza e un senso di ingiustizia per una situazione che definisce senza mezzi termini una «truffa».
Il cuore del problema risiede in un’operazione di acquisto di crediti d’imposta che si è rivelata un vero e proprio incubo per il club lombardo. «Siamo stati truffati, e ho già presentato una denuncia penale. Quella società di via Montenapoleone a Milano che ci ha venduto i crediti d’imposta è sparita, non rispondono più al telefono. Eppure, hanno ceduto crediti d’imposta per più di 100 milioni a molte aziende. Sì, la Covisoc mi ha detto che non siamo i soli. Ma non ho sentito di altre indagini», rivela un Cellino visibilmente scosso. Le sue parole aprono un inquietante scenario su un possibile sistema fraudolento di vasta portata, di cui il Brescia sembrerebbe essere una delle vittime.
L'imprenditore sardo entra poi nei dettagli dell'operazione finanziaria incriminata: «Abbiamo chiesto 2,4 milioni in crediti d’imposta e loro hanno trattenuto circa il 15%. C’era chi ci offriva il 25%, quindi uno sconto maggiore, ma il nostro fiscalista era tranquillo, aveva garanzie dalla Banca d’Italia: ora è disperato». Un racconto che evidenzia la fiducia riposta in professionisti e istituzioni, una fiducia che si è infranta di fronte a una presunta organizzazione criminale.
Cellino non nasconde la sua sorpresa e il suo disappunto per la rapidità con cui si sono svolte le indagini da parte degli organi competenti: «Il 9 maggio ci hanno detto che erano in corso verifiche e avevamo 60 giorni di tempo, dicendomi che in caso contrario avrei dovuto rispondere in solido. E io sarei stato pronto a farlo. Tutto è molto strano, in due giorni hanno fatto e chiuso le indagini. Noi avevamo mandato alla Covisoc copia del contratto di acquisto e anche la ricevuta del nostro pagamento». Un velo di mistero avvolge la vicenda, con interrogativi che restano aperti sulla celerità delle verifiche.
Nonostante la tempesta che si è abbattuta sul Brescia, Massimo Cellino non intende arrendersi e lancia un chiaro segnale di battaglia: «Non mi va di finire così la mia esperienza al Brescia. Sabato avevo anche definito la cessione del club a una persona perbene, italiana. Ora chissà, siamo nei guai: ma noi daremo battaglia». Le sue parole trasudano orgoglio e un forte attaccamento alla squadra e alla città, promettendo una strenua difesa per salvaguardare il futuro del club, nonostante le incertezze legate alla trattativa di cessione.
Autore: Redazione Notiziario del Calcio / Twitter: @NotiziarioC
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