Roberto Bernabò, 60° premio “Bruno Roghi”: «Vi racconto il mio Torneo di Viareggio»

08.02.2024 08:45 di  Francesco Vigliotti   vedi letture
Roberto Bernabò, 60° premio “Bruno Roghi”: «Vi racconto il mio Torneo di Viareggio»

Probabilmente anche per lui, il Torneo di Viareggio più che Viareggio Cup, è soprattutto la “Coppa Carnevale”, gol e coriandoli, scoperta e apprezzata quando era un ragazzino. Poi, con il passare del tempo, la passione per il giornalismo e la carriera, l’hanno portato a viverla e osservarla, passo dopo passo, da un’altra prospettiva, quella professionale, coniugata nelle diverse fasi del suo prestigioso percorso. Ecco dunque Roberto Bernabò, premio “Bruno Roghi” 2024, in questo viaggio a ritroso, con il filo conduttore del Torneo di Viareggio-Coppa Carnevale.

Roberto Bernabò, ragazzino e tifoso.

“Se penso al Torneo internazionale di calcio vissuto da tifoso, torno all’infanzia e alle partite seguite con mio padre nella tribuna dello stadio dei Pini. Inter e Fiorentina assolutamente, l’immancabile gara di apertura e la finale erano gli appuntamenti a cui cercava, nonostante i tanti impegni di lavoro, di portarmi ogni anno. La sfilata dei giocatori, l’attesa per il giuramento, la passerella in tribuna di tanti volti me li ricordo proprio bene. Sì, perché lo spettacolo non si fermava sul campo ma continuava in tribuna dove non mancavano mai allenatori, dirigenti, giocatori importanti. Quei nomi-volti che la domenica sentivi alla radio, seguendo la cronaca minuto per minuto della serie A, o alla Domenica Sportiva ma dentro un bel clima internazionale che già cresceva, con tante squadre stranieri spesso forti. E se il cuore batteva Inter – ero un figlio della grande Inter di Herrera – mi ricordo, sul finire degli anni Sessanta-inizio Settanta, soprattutto i ragazzoni del Dukla Praga che finivano sempre nelle migliori 4 e si portarono a casa 3 titoli battendo anche i miei nerazzurri che ricordo vincitori nel 1971 quando
in campo c’erano due futuri miti come Bordon e Oriali”.

Roberto Bernabò e i suoi primi passi da cronista.

“Il calcio è spesso un passaggio obbligato per chi imbocca la strada del giornalismo. Così, è stato per me. E quando ancora non compiuti i 18 anni mi affacciai alla redazione de La Nazione di Viareggio, fui spedito ad affiancare il corrispondente di Pietrasanta per seguire le partite domenicali del Marina di Pietrasanta in Seconda categoria. Ecco la palestra per i primi articoli, la passionaccia del calcio che diventa articoletto con le iniziali e poi la prima firma sul giornale. Che emozione. Due anni dopo, il tempo di passare al Tirreno ed eccomi per il Torneo di Viareggio spedito anche io a seguire le partite. Eh sì, la cronaca dei match occupava giornalmente più pagine. Cronache,
interviste, curiosità, il racconto puntuale di ogni giornata. E in quel febbraio 1980 mi ritrovo ancora il Dukla Praga vincitore a interrompere una bella striscia viola. Ma i ricordi non si fermano qui. Come dimenticare la curiosità per quei giovani giocatori che sfilavano in Passeggiata dopo le partite, che erano un’attrazione in una società in cui non era tutto ormai mediato dalla tv, per non parlare poi degli smartphone”.

Roberto Bernabò, giovane caposervizio della redazione di Viareggio.

“Forse sono stati gli anni più belli quelli da caposervizio del Tirreno di Viareggio e della Versilia. Perché nel periodo di Torneo e Carnevale la redazione girava a mille, pallone e coriandoli nelle vene. Era una squadra scatenata di professionisti affiancati da un parterre di collaboratori/appassionati/esperti capaci di ripeterti a memoria le formazioni del Dukla (che passione che scatenò quella squadra a Viareggio, tanto che nacque una società sportiva giovanile che ne portava il nome). Poi c’era la concorrenza in edicola, spietata, con La Nazione, da superare in copie vendute (operazione che riuscì in qualche anno pur partendo da una distanza abissale). Il Torneo era una grande occasione per mettere in piedi pagine in quantità, andare a scovare curiosità, cercare i personaggi da raccontare. E l’internazionalità sempre più forte della manifestazione che consentiva di trovare l’angolo diverso, curioso. Se in tribuna ai Pini – ma anche negli altri stadi della Versilia prima e poi sempre più di mezza Toscana dove il torneo si gioca – i talent scout osservano i campioncini di domani, i giornalisti provano a loro volta a guardare avanti: dalla panchina al campo, provano a pronosticare chi saranno i nuovi talenti. Ci riempiamo pagine e in effetti anche soffermandoci solo sugli allenatori si fanno davvero le ossa tanti grandi di domani: da Fabio Capello ad Arrigo Sacchi, da Marcello Lippi a Cesare Prandelli. In mezzo al campo invece corrono e danno spettacolo dei predestinati: come dimenticare Del Piero, Francesco Totti, Batistuta, solo per fare tre nomi. Per noi quelle settimane sono pura adrenalina. Per il Cgc è una macchina mostruosa da gestire. E tanta adrenalina reciproca qualche volta – perché negarlo – produce anche tensioni con la stampa locale. Ma come non riconoscere i meriti di quel manipolo di appassionati che aveva costruito un mundialito, che è stato capace di attraversare i decenni innovando continuamente la formula?”

 Un altro passaggio nella carriera: Roberto Bernabò, direttore del “Tirreno”

“Negli anni livornesi, prima da vice direttore e poi da direttore, il Torneo resta comunque sotto i miei occhi. Perché le cronache locali sono l’anima del Tirreno e questi eventi un momento importante dell’informazione. Certo sono progressivamente anche gli anni della tv. Non c’è più solo la finale in diretta, ma tra web-tv e pay tv il torneo è accessibile anche da lontano e confesso, ma noi continuiamo ad assicurare una copertura totale. E grazie alla tv qualche mezza partita riesco a vederla. Certo, non sono gli anni migliori per l’Inter, salvo una breve parantesi con Massimo Moratti in tribuna a festeggiare. Sono gli anni della Juve e così va…. Ma ricordo soprattutto l’edizione del 2002 quando il Cgc – pochi mesi dopo l’attentato delle Torri gemelle –  riesce a scrivere un grande messaggio di pace: è da brividi la cerimonia di apertura con i
giocatori di una squadra palestinese, l’Arab Jerusalem e gli israeliani del Maccabi Haifa, insieme a una squadra di New York. Insomma, un torneo che per mano del Cgc si allarga, sa esprimere dei valori nel segno del calcio e che sa sperimentare sempre qualcosa di nuovo (pensiamo alle tante innovazioni a cominciare dal golden gol all’angolo corto, ai tempi ridotti, ma anche al “tutto il calcio minuto per minuto” televisivo). Il torneo legge l’evoluzione della società e amplia i suoi confini geografici, pescando dall’Africa all’Australia. Se il calcio di oggi è globale, il Torneo di Viareggio l’ha preceduto”.

 Roberto Bernabò direttore dei giornali del gruppo Finegil e oltre…

“Da Roma a Milano, negli ultimi 10 anni il Torneo è rimasto ahimè più sullo sfondo del mio tempo. Ma la passione nerazzurra ha tenuto sempre accese le antenne grazie a  un po’ vittorie in una manifestazione chiamata a fare i conti con i cambiamenti del calcio, la dimensione
ormai sempre più televisiva del fenomeno, l’evoluzione di tutto il mondo giovanile. Ma dopo 75 anni lo vedo ancora vivo, momento
importante per il mondo del pallone, vivo nonostante le gravi difficoltà legate alla chiusura dello stadio dei Pini eppure capace di confermarsi come un osservatorio speciale del calcio che sarà. Ma anche un momento di incontro. Perché nell’epoca dei database, dove ogni giocatore è catalogato per ogni tocco che fa, nell’era dei big data, delle ricerche sempre più raffinate dei futuri talenti, l’osservazione dal vivo, in un torneo, resta un momento importante. Nel segno di quella universalità che ha portato il Cgc ad ospitare squadre di tutti i continenti. Per questo spero continui a tenere alta questa bella bandiera del calcio giovanile”.

Chiudiamo qui questo lungo percorso, con un pensiero – crediamo condiviso anche da Roberto Bernabò -, a tre colleghi prematuramente
scomparsi che negli anni viareggini hanno fatto parte della sua squadra, Angelo Domenici, Fiorenza Ferretti e Corrado Benzio.