Con la sua rete al San Nicolò ha dato buon fine a una gara come quella di ieri, allo stadio Morro d’Oro, vicino Teramo, nella quale occorreva sacrificio e saper combattere fino all’ultimo secondo lottando su ogni palla. Il centrocampista Matteo Malagò, nato a Venezia il 18 aprile 1991, il calcio ce l’ha nel dna ed è stato l’uomo giusto al posto giusto, dopo un batti e ribatti in area: “Abbiamo avuto parecchie palle gol prima di sbloccare il risultato, colpendo anche un palo, e io ieri me lo sentivo, avevo la sensazione che ci sarei riuscito, ma mi sono trovato sempre un metro più avanti o più in dietro nelle occasioni che ci siamo creati da calcio piazzato. Poi finalmente mi sono trovato al posto giusto, riuscendo a segnare”.
Una partita giocata su un terreno di gioco molto pesante e resa ancor più difficile dalla pioggia scesa dall’inizio alla fine…
“Infatti non è stata una gara facile perché con un campo come quello di ieri le qualità tecniche delle due squadre si azzerano e sia noi che loro non riuscivamo a dare un’impostazione di gioco palla a terra. Abbiamo tirato fuori grinta e carattere e siamo riusciti a sbloccarla su un episodio, non casuale ma che ci siamo creati”.
Alla luce di tutti questi aspetti quanto è stata importante la vittoria di domenica?
“Le vittorie sono tutte importanti. Sicuramente partite come quelle di ieri, in cui vengono meno le proprie caratteristiche tecniche di squadra. Loro sono partiti fortissimo e ci hanno pressato tanto, poi noi abbiamo ingranato e tirato fuori tanta grinta, lottando ancora di più combattendo veramente ogni secondo”.
Hai giocato a Venezia, Vicenza e a più riprese con la Clodiense. A quale di queste squadre sei rimasto particolarmente legato?
“Con la Clodiense con cui infatti ho giocato in momenti diversi, è rimasto un legame particolare. E’ una società in cui sono cresciuto tanto e mi ha insegnato molto anche dal punto di vista umano. Con loro ho vinto il campionato di Eccellenza ed è stato difficile andare via dopo l’anno in D in cui feci molto bene. Ecco, con loro posso dire di essere rimasto legato da un punto di vista umano”.
Col Vicenza hai giocato due anni in serie C, vivendo il professionismo. Che ricordo hai?
“E’ stata una bellissima esperienza, soprattutto il primo anno in cui avevo accettato per fare la serie D e invece siamo stati ripescati in serie C. Il mister mi ha dato grande fiducia ed è stata una delle stagioni più belle perché da promossi col ripescaggio siamo arrivati sesti”.
C’è stato, invece, qualche momento meno facile o che ti ha toccato e messo alla prova?
“L’anno della serie C, appunto. Quell’anno è mancato il mio papà ed è stata molto dura, ho anche pensato di smettere di giocare perché io giocavo molto anche per lui. Mio fratello ha giocato sei anni in serie A col Chievo ed ero contento di poter rendere felice anche io a mio modo al mio papà”.
Qual è il giocatore o la persona che ti ha più segnato?
“Sicuramente mio fratello mi è stato di grande aiuto in quei momenti in cui ho anche pensato di smettere. Dico sempre che pagherei per fare la metà di quello che ha fatto lui, quindi visto che lui ha giocato sei anni in A, io mi accontenterei anche di 3”.
Il tuo giocatore preferito?
“Marchisio e Nainggolan”.
L’allenatore Luca Tiozzo ha detto che alla ripresa vi ha raccomandato di non montarvi la testa…
“Saremmo proprio degli stupidi se pensassimo di montarci la testa dopo due sole gare. Il lavoro durante la settimana è fondamentale ed io non ho mai visto tanta intensità e voglia di lavorare quindi questo ci sprona a fare sempre meglio”.
Autore: Ermanno Marino
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