Squalificato per sei mesi dal Tribunale Federale della Figc. È stata questa la decisione presa nei confronti di Massimiliano Nigro per aver violato l'art. 4, comma 1 del codice di giustizia sportiva, ovvero dei doveri di lealtà, correttezza e probità per aver svolto, l’attività di allenatore della prima squadra di ben tre società del veronese privo di abilitazione. Nigro ha violato anche l’art. 37 comma 1 del regolamento del settore tecnico (recante norme di comportamento degli iscritti, che devono essere esempio di disciplina e correttezza sportiva e devono, nei rapporti con i colleghi, ispirare la loro condotta al principio della deontologia professionale).
Questo perchè Nigro è stato tesserato rispettivamente con le società Academy Pescantinasettimo con la qualifica di dirigente (stagione sportiva 2020-2021), con la Pol. Team San Lorenzo con la qualifica di dirigente (stagione sportiva 2021-2022) e con il Caprino con la qualifica di collaboratore del settore giovanile (stagione sportiva 2022-2023) esercitando, però, l’attività di allenatore della prima squadra in favore delle predette società, militanti nel campionato di II^ categoria, girone A, del comitato regionale veneto, privo di abilitazione (Nigro è in possesso della qualifica UEFA C dal mese di aprile 2022, ndr).
All’udienza hanno partecipato anche Nicolò Rebonato e Stefano Degani, in qualità di presidente e legale rappresentante della società Academy Pescantinasettimo (per rispondere della violazione dell’art. 4, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva, dell'art. 39 lett. Ea) del regolamento del settore tecnico e per responsabilità diretta ed oggettiva ai sensi dell'art. 6 commi 1 e 2 del Codice di Giustizia Sportiva) che hanno depositato delle proposte di accordo che sono state poi accettate dal tribunale federale.
Nessun scritto difensivo da parte di Massimiliano Nigro, che non si è neppure presentato al dibattimento.
Il procedimento nei confronti di Nigro è partito dopo una nota trasmessa dalla segreteria del settore tecnico di Coverciano su segnalazione dell’Associazione Italiana Allenatori di Calcio, Gruppo Regionale Veneto. «Il nostro compito, dice Luciano Genovese, presidente dell’Aiac Veneto, è sì quello della formazione e dell’aggiornamento tecnico dei propri assistiti anche se non possiamo, ne dobbiamo, esimerci da un ruolo di vigilanza affinché vengano rispettate le regole che garantiscono la normalità della nostra attività di allenatori abilitati. L’associazione è un bene di tutti gli addetti ai lavori, e la sua credibilità passa anche attraverso fatti concreti come in questo caso, dove grazie alla disponibilità e alla competenza della dottoressa Valentina Paese di Verona, collaboratrice della procura federale, si è arrivati a questa decisione.
Il fatto di affidare la conduzione tecnica di una squadra a chi non è davvero un allenatore, è un problema oggettivo, che si ripercuote negativamente sulle società stesse, per la mancanza dell'adeguata professionalità della persona che opera come trainer, e soprattutto sui ragazzi che vogliono imparare a giocare a calcio, quando si tratta di settore giovanile. I dirigenti delle società dovrebbero rispettare le regole e invitare il loro futuro allenatore a seguire uno dei tanti corsi, gestiti dall'Assoallenatori o dalla Figc, per conseguire il patentino. Non si tratta soltanto di una questione burocratica: il corso è una cosa seria, è un insieme di lezioni “intensive” che davvero preparano la persona a diventare allenatore, forniscono le nozioni base, spiegano come insegnare il gioco del calcio e nello stesso tempo educare i giovani. Siamo gente che ha speso una vita nel mondo del pallone, dedicandosi a una grande passione e ai giovani. Vorremmo rappresentare tutti gli allenatori, assicurare alle famiglie che i loro ragazzi siano seguiti da persone competenti, qualificate, preparate. E porre fine una volta per tutte al malcostume dei trainer improvvisati».
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