Alberto Cavasin, 66 anni, ha ricominciaato dalla Prima Categoria della Sardegna dove ora allea il Bari Sardo. Dopo la Serie A con Lecce, Sampdoria, Brescia e Treviso il tecnico trevigiano è ripartito dai Dilettanti. Là dove conta, relativamente, poco anche la panchina d'oro che vinse quando sedeva sulla panchina dei giallorossi salentini.
Il tecnico si è raccontato con un intervista al Corriere Veneto. Queste le sue parole: «Ero stato davvero a un passo dal diventare ct del Congo. Mi ero preparato nonostante fosse un po’ un salto nel buio. Al punto che mi ero vaccinato contro la febbre gialla, perché quel vaccino è obbligatorio quando decidi di trasferirti lì. Avrei dovuto partire per Parigi, in occasione di un viaggio del presidente del Congo, che avrebbe dovuto incontrare Macron. A quel punto, avrebbe visto anche me per chiudere. Ma non se n’è fatto nulla proprio all’ultima curva perché hanno scelto un altro allenatore. Perché ho accettato il Bari Sardo? Col presidente Ibba si è creato un rapporto straordinario sin da subito. È stato arbitro, calciatore, manager. E voleva fortemente portare il Bari Sardo più in alto. Anche qui qualche dubbio l’ho avuto, ma il posto era meraviglioso, mio figlio ha insistito perché andassi e ci sono andato.È stato un anno meraviglioso, si è creato un legame fantastico con la squadra, io mi sono sentito rinascere, perché ho provato sensazioni che mi hanno ricordato Lecce, il Salento, una terra meravigliosa. Ho lavorato tanto, ma sono stato anche bene dal punto di vista ambientale. Ho apprezzato quello che offriva l’Ogliastra, il cibo, i profumi, le piante, i fiori. Cinque volte a settimana, siamo quasi dei professionisti. In rosa ci sono 13 stranieri, brasiliani, argentini, senegalesi e portoghesi. Mi sono immerso completamente nell’avventura, ho fatto pure il cameriere per i miei ragazzi, anche perché ho solo un collaboratore, Alberto Possamai, per il resto niente staff. Il legame con questa terra e con questa gente. Le pedalate in bici sulla litoranea e le corse sulla spiaggia. Il risultato sportivo è stato una conseguenza e siamo riusciti ad essere promossi con sei giornate d’anticipo. Stadio? Sempre pieno, ci sono 400 spettatori e tanti derby paesani che portano con sé tanto campanilismo e pathos. Mi ci sono immerso fino in fondo. Ero partito vegetariano, sono ritornato carnivoro. Fra maialino e capretto, con il mirto era impossibile dire di no a tanta bontà. E poi i tifosi mi regalano di tutto, olio, frutta, verdura, prodotti della terra. Se ho visto l'Italia? Come tutti. Sono rimasto molto dispiaciuto, ma non dimentico che nove mesi fa abbiamo vinto gli Europei e che c’era tutto un Paese in festa. L’eliminazione dal Mondiale fa un male cane, ma non è tutto da buttare e i processi li trovo fini a se stessi. Abbiamo già deciso di andare avanti. Il presidente sta progettando il campionato di Promozione, per fare una squadra a vincere, vogliamo continuare la risalita. E io sono entusiasta di rimanere».
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