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Vito Di Bari: "Ora il Corato. Poi un futuro in panchina"

di Stefano Sica

Trentasei anni e non sentirli. Vito Di Bari riparte da Corato (Eccellenza pugliese) dopo 20 stagioni trascorse tra la D e i professionisti (l'ultima a Taranto in D dopo la parentesi Bitonto, con 30 presenze totali all'attivo). E nel frattempo partecipa a Coverciano al Corso per Allenatore di base Uefa B. L'ultimo previsto dal Settore tecnico, in quanto dal prossimo anno per conseguire l'abilitazione sarà necessario ottenere la licenza 'D', grazie al corso per Allenatore Dilettante Regionale, e la licenza 'C', dedicata ai giovani calciatori. Una full immersion di sei settimane (per 144 ore di lezione) che terminerà fra pochi giorni con gli esami. Si tratta per gli aspiranti tecnici di un vero e proprio ritiro presso il Centro Tecnico Federale (tantissimi i nomi illustri che hanno aderito, tra cui Andrea Barzagli). Ed è proprio a Coverciano che FootballWeb.it ha intervistato il centrale difensivo di Trani.

Non smetti di giocare ma ti porti avanti...

"E' un'esperienza unica, forse una delle più belle della mia vita. Al di là del conseguimento dell'abilitazione, qui hai modo di confrontarti con gente che ha giocato davvero al calcio. Anche conoscere una persona come mister Ulivieri, è un arricchimento per tutti. Da un punto di vista tecnico e umano. Ho deciso di giocare un altro anno ma la mia testa era già proiettata al futuro. Voglio aggiornarmi e fare quello che mi piace".

Intanto riparti da Corato. 

"Ho sposato questo progetto intanto perché la mia priorità era quella di non muovermi da casa. Qui ho una scuola calcio mia che voglio seguire da vicino. Comunque mi ha colpito l'ambizione di questa società. Nel calcio bisogna sposare anche gli uomini e, quando il presidente del Corato mi ha presentato il suo progetto, ho accettato con convinzione. Una volta smesso, mi piacerebbe lavorare in un settore giovanile, a contatto coi ragazzi. Tempo al tempo però, il calcio alla fine può cambiare da un momento all'altro". 

In C la governance di Ghirelli ha approvato una limitazione dell'accesso ai contributi per gli under in arrivo da club di categoria superiore. In D, invece, resiste ancora l'obbligatorietà dell'utilizzo dei quattro giovani. Che ne pensi?

"Come AIC combattiamo anche per eliminare certi vincoli. Purtroppo l'Italia non è un paese meritocratico. E questa regola va contro i giovani in quanto dura per loro quattro anni e poi li priva del futuro con danno anche della loro tenuta psicologica. In C qualcosa è cambiato, bisogna rivedere tanto anche tra i dilettanti. Ma è importante anche il nostro ruolo, quello dei calciatori veterani che stanno alla fine della carriera. Tutti dobbiamo dare una cultura diversa a questo mondo".

Rimpianti?

"Credo di aver fatto una buona carriera, mi è mancata solo la serie A. Potevo fare qualche anno in più in B e cercare di ambire a disputare almeno una stagione in massima serie. Ma non ci penso più di tanto: se non è successo, evidentemente non lo meritavo. Ho svolto quasi tutta la carriera in C, probabilmente erano quelle le mie caratteristiche. Alla fine sono soddisfatto. E poi ho grandi ambizioni per il mio futuro, ho voglia di studiare, di aggiornarmi, ho voglia di non fermarmi mai. L'aspetto mentale è tutto: se la testa è occupata da ciò che piace, i problemi non esistono". 


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