Quando si parla di imprese sportive, spesso si pensa ai grandi palcoscenici del calcio internazionale. Tuttavia, alcune delle storie più affascinanti nascono nelle categorie minori, dove passione e attaccamento alla maglia superano ogni difficoltà. È proprio questo il caso dell'Imperia, protagonista di una salvezza in Serie D che il suo allenatore, Pietro Buttu, non esita a definire come un'autentica impresa.
Intervenuto alla trasmissione Mixed Zone di IVG.it, condotta da Claudio Nucci, il tecnico nerazzurro ha espresso tutto il suo orgoglio per il traguardo raggiunto: «Se non un miracolo sportivo, un'impresa titanica. In 25 anni di calcio forse una delle più grandi per le condizioni in cui è avvenuta e la categoria in cui è stata fatta». Parole che evidenziano la straordinarietà del risultato, soprattutto considerando il contesto in cui è maturato.
La squadra, infatti, è composta in gran parte da giovani atleti alla loro prima esperienza in categoria, affiancati da alcuni elementi più esperti che hanno saputo guidarli nel difficile percorso. Da questa combinazione è nato un gruppo che, partita dopo partita, ha acquisito sempre maggiore consapevolezza nei propri mezzi, fino a diventare una realtà solida e competitiva.
«Un grande plauso alla squadra capitanata da Beppe Giglio: sono stati encomiabili in un campionato difficilissimo», ha proseguito Buttu, sottolineando come l'obiettivo iniziale fosse semplicemente quello di mantenere la categoria: «Il nostro obiettivo era salvarci, anche attraverso i playout. Riusciamo a farlo evitandoli con una giornata di anticipo». Un risultato che supera le aspettative e che il tecnico attribuisce principalmente alle qualità umane del gruppo: «Il grande merito è di un gruppo fantastico. Dedichiamo la salvezza ai nostri tifosi che non ci hanno mai mollato e alla città di Imperia».
Nel corso dell'intervista, l'allenatore ha ripercorso anche le tappe del suo ritorno alla guida della squadra, avvenuto due anni fa: «Io sono tornato due anni fa perché dovevo chiudere qualcosa: abbiamo vinto l'Eccellenza e la coppa nell'anno del centenario della società, in mezzo a mille difficoltà era dovuto provare a mantenere la Serie D». Un percorso che si è rivelato tutt'altro che semplice, ma che alla fine ha dato i suoi frutti: «Non era scontato e siamo riusciti in una grande impresa».
Buttu non ha nascosto che ci sono stati momenti di difficoltà durante la stagione: «Un momento di flessione quando si giocano 38 partite, 37 con l'assenza dell'Albenga, ci può stare». Tuttavia, ciò che rende ancora più significativo il risultato ottenuto sono gli ostacoli extra-sportivi che la squadra ha dovuto affrontare: «Ci sono state tante cause che vanno al di là dell'aspetto sportivo che questo gruppo è stato forte ha superare».
Il tecnico ha poi voluto sottolineare nuovamente le qualità dei suoi ragazzi: «Questo gruppo ha valori tecnici e umani devastanti, ha meritato di poter fare la Serie D dimostrando attaccamento alla maglia e alla società». Una dichiarazione che rivela quanto per Buttu il calcio sia prima di tutto una questione di passione: «Io vivo di passione, per me questa è una grande cosa». Con evidente emozione, ha poi raccontato di un regalo ricevuto dai suoi giocatori in occasione delle cento presenze sulla panchina nerazzurra: «Poi i ragazzi mi hanno regalato una maglia dell'Imperia in occasione delle cento presenze fatte a Gozzano: per me è un grande orgoglio».
Un elemento chiave nel successo dell'Imperia è stato il rendimento offensivo, con il quarto miglior attacco dell'intero campionato. Tra i protagonisti di questo reparto, Santiago Szerdi, impiegato prevalentemente in posizione avanzata, ha rappresentato una delle sorprese più positive. La combinazione di giovani talenti desiderosi di mettersi in mostra e la motivazione di salvare una squadra storica come l'Imperia si è rivelata una formula vincente.
Nelle battute finali dell'intervista, Buttu ha offerto una riflessione sul ruolo dell'allenatore e sulla consapevolezza dei propri limiti: «L'allenatore deve capire quando determinate cose possono essere finite. Lo stadio Ciccione non lo possono rifare, tantissime altre cose non si possono fare». Una considerazione realistica che non ha però scalfito la gioia per il risultato ottenuto: «Adesso mi godo questa salvezza meritata. Sono contento ma distrutto», ha concluso il tecnico, riassumendo in poche parole l'intensità emotiva e fisica di questa straordinaria avventura sportiva.
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