Tenacia, testardaggine e culto del lavoro. Ma anche tanta freddezza, introspezione e impassibilità nei momenti più difficili. È il mix che fa di un allenatore un professionista vero. Già prima di questa avventura in terra normanna, Luigi Sanchez era tra i tecnici più corteggiati della categoria per via delle sue idee innovative e di una carriera in oggettiva espansione. Quale sarà il suo futuro dopo aver portato i granata in D, è tutto da decifrare. Da un lato, la possibilità di una riconferma su cui le parti si siederanno nei prossimi giorni per un confronto. Dall'altro, le pressioni da parte di qualche top club di Eccellenza (uno in particolare) del girone A campano. Ma su un punto, Sanchez ci tiene ad esordire così quando lo intercettiamo ancora avvolto da un bagno di folla incredibile. "Ad un certo punto sembrava che la mia strada qui fosse tortuosa, difficile. Ci sono stati dei momenti in cui mi sentivo la terra tremare sotto i piedi e non nascondo di aver vissuto le mie incertezze. Il Presidente volle tenere un vertice con la squadra e tutto lo staff tecnico. E sapete cosa emerse? Che i ragazzi credevano in me e chiesero di non toccarmi perché sarei stato in grado di risollevare la situazione. La società, dal canto suo, merita i complimenti perché in quel frangente ebbe pazienza. Questo è un campionato dove tanti club spendono a raffica, ma alla fine ne sale una, al massimo due con i play-off. Pazienza e programmazione sono essenziali". Questo il suo attestato d'amore verso i propri ragazzi e il club normanno.
𝐌𝐚 𝐪𝐮𝐚𝐧𝐝'è 𝐜𝐡𝐞 𝐯𝐢 𝐬𝐢𝐞𝐭𝐞 𝐫𝐞𝐬𝐢 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐩𝐨𝐭𝐞𝐫 𝐚𝐫𝐫𝐢𝐯𝐚𝐫𝐞 𝐟𝐢𝐧𝐨 𝐢𝐧 𝐟𝐨𝐧𝐝𝐨?
"Quando abbiamo estromesso il Nola ai play-off regionali. Io ritengo che i bianconeri fossero in assoluto la squadra più forte di tutte quelle che abbiamo incontrato in questa annata. Loro arrivarono da noi molto carichi e con grande adrenalina. Noi invece eravamo molto tesi. Abbiamo lottato, sudato, sofferto, ma poi siamo riusciti a portarla a casa. Poi ci sono capitate due squadre comunque in crescita ed entusiaste, come Real Forio e Rossanese. Scogli comunque non facili da superare. Anzi, a bocce ferme sembrava che noi dovessimo incontrare due avversari che in assoluto corressero più di noi. Sentivo questa narrazione, ma poi la realtà cosa ha detto? Che correre è l'optimum, ma bisogna saper stare anche bene in campo. E la mia squadra ha dimostrato di saperlo fare. Il lavoro più difficile di un allenatore è quello di indurre un calciatore a riconoscere gli spazi da occupare. Magari ci vuole tempo, ma poi si riesce. Oggi i miei giocatori riescono a disimpegnarsi in più posizioni del campo e la squadra in genere sa quali sono gli spazi da occupare e come farlo. E sa anche come occupare questi spazi in fase di non possesso. È stato un concetto per me prioritario da trasmettere. Sotto questo aspetto, ho riscontrato un miglioramento graduale nel corso della stagione".
𝐂𝐨𝐧𝐬𝐞𝐧𝐭𝐢𝐜𝐢 𝐮𝐧𝐚 𝐛𝐚𝐭𝐭𝐮𝐭𝐚: 𝐩𝐞𝐫𝐜𝐡é 𝐭𝐮𝐨 𝐟𝐫𝐚𝐭𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐂𝐚𝐫𝐥𝐨 𝐭𝐢 𝐝𝐞𝐟𝐢𝐧𝐢𝐬𝐜𝐞 𝐁𝐞𝐚𝐫𝐳𝐨𝐭?
"Perché lui diceva che io vincevo sempre 1-0 (risata incontenibile, ndr). In parte è vero perché, avendo iniziato la carriera con squadre che dovevano lottare per la salvezza, mi capitava spesso di vincere così. Tuttavia ho un ultimo messaggio da mandare ed è per il Presidente del Comitato Regionale Carmine Zigarelli. Ho mantenuto la promessa che gli ho fatto quando ci siamo visti alla finale di Coppa Campania Promozione. Mi aveva detto scherzosamente che, qualora non avessi vinto i play-off, mi avrebbe tolto il saluto. Ho portato a termine questa missione e lo ringrazio di vero cuore perché le sue parole e il suo incitamento sono stati di buon auspicio per me".
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