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Vogherese, la storia di Edgar Cani da rifugiato politico alla Serie A: «Il calcio era più romantico»

di Elena Carzaniga

Aveva solo undici mesi quando lasciò l'Albania. Troppo piccolo per conservare ricordi diretti di quella terra, ma abbastanza grande da portarne sempre con sé il peso emotivo attraverso i racconti familiari. Edgar Cani, 36 anni, nuovo attaccante della Vogherese, rappresenta una di quelle storie che intrecciano il dramma della migrazione con il sogno sportivo, la fuga da un regime con la realizzazione in Serie A.

Il suo debutto domenica scorsa con la maglia rossonera è stato all'insegna della continuità: un gol, come a confermare che certe abitudini non si perdono. Ma dietro quel pallone in rete c'è un percorso lungo tre decenni e mezzo, iniziato sulle coste italiane quando la famiglia Cani cercava libertà dopo la caduta del comunismo.

La storia di Edgar (il cui cognome si pronuncia "Ciani") inizia nel momento più turbolento della storia albanese recente. «Sono arrivato in Italia che avevo 11 mesi quindi non ho ricordi personali sulla mia terra, l'Albania», racconta l'attaccante al quotidiano "La Provincia Pavese". «I miei genitori mi hanno raccontato che dopo la caduta del muro di Berlino e del regime comunista si sono aperte le ambasciate e da lì abbiamo affrontato questo viaggio per la libertà e siamo arrivati in Italia che ci ha accolto come meglio poteva e ho avuto un infanzia come tante altre».

L'approdo in Italia segna l'inizio di una nuova vita. La famiglia si stabilisce a Città della Pieve, un piccolo centro in provincia di Perugia, dove il giovane Edgar comincia a inseguire quello che per molti bambini è solo un gioco, ma che per lui diventerà una professione: il calcio. «Cresciuto a Città della Pieve, un piccolo paese in provincia di Perugia, con il sogno di diventare calciatore e passo dopo passo ci sono riuscito ed è stata una grande soddisfazione», afferma con orgoglio.

Il legame con Bari occupa un posto speciale nella memoria di Cani. Nel 2024, proprio allo stadio San Nicola, è stato presentato il film autobiografico sulla sua vita, intitolato "Da rifugiato politico a giocatore professionista". Un ritorno carico di significato per chi vede in quella città il simbolo di un doppio inizio.

«Bari per me è stata una tappa strepitosa, sia per il fatto che fosse un ritorno al passato perché quando siamo arrivati in Italia è stata la prima città ad accoglierci e poi per la grande stagione indimenticabile che abbiamo fatto», spiega Cani. «Riportando al San Nicola il pienone di tifosi e devo dire che sono molto legato e ricambio tutto l'affetto che mi è stato dato».

La carriera di Cani lo ha portato a calcare i campi della massima serie italiana, indossando le maglie di Palermo e Catania. «Ho giocato in tante belle piazze e ne vado fiero. La Serie A è davvero affascinante con grandissime emozioni», ricorda l'attaccante albanese, che ha vissuto quegli anni con l'intensità di chi sa di aver conquistato un traguardo importante.

Guardando al presente, Cani non nasconde una certa nostalgia per il calcio che fu. Quando gli si chiede se la Serie A del 2008 sia diversa da quella attuale, la risposta è netta: «Si ma penso che sia mutato un po' tutto. Diciamo che prima il calcio era un po' più romantico rispetto ad ora».

Una considerazione che riflette un sentimento condiviso da molti protagonisti di quella generazione, testimoni di una transizione che ha visto il football trasformarsi sempre più in industria globale, con dinamiche economiche e mediatiche che hanno cambiato profondamente l'essenza dello sport.

L'arrivo alla Vogherese rappresenta un nuovo capitolo. Il debutto, sebbene condito da una rete personale, non ha portato i risultati sperati alla squadra. «Purtroppo non è stata una grande partita e avrei sperato fare punti. Però la squadra c'è e siamo un bel gruppo. Dobbiamo lavorare per migliorare e prenderci le soddisfazioni che meritiamo», ammette Cani con realismo. «Sono entrato in campo pensando solo a fare bene indipendentemente dal risultato e mi ha fatto piacere fare gol almeno per partire con il passo giusto».

La Vogherese si trova in una situazione di classifica che richiederà impegno e determinazione per raggiungere la salvezza. Una sfida che Cani accoglie con la filosofia di chi ha affrontato ben altre battaglie nella vita. «Penso che la sofferenza serva per farti capire che peso hanno le cose intorno a te, quindi ci sta sempre combattere per il proprio obiettivo. Senza sofferenza non si arriva a niente e con il duro lavoro ci sono i presupposti per prendersi le proprie soddisfazioni».

L'impatto con il nuovo ambiente è stato positivo fin da subito. «Fin dal primo giorno un ambiente positivo che affronta la realtà momentanea ma che comunque lo fa a testa alta. È stato da subito un bell'impatto», conferma l'attaccante, sottolineando l'importanza dello spirito di gruppo in momenti delicati della stagione.

Con sedici anni di carriera professionistica alle spalle, Cani ha accumulato un bagaglio di esperienza che può essere prezioso per i giovani che sognano di seguire le sue orme. Il suo consiglio non lascia spazio a illusioni o scorciatoie: «Io penso che per arrivare ai propri obiettivi ci voglia tanta fame, voglia di migliorarsi sia nei difetti che nei pregi. Non esistono talenti che hanno tutto. Esiste una predisposizione a riuscire a fare cose che gli altri riescono con più difficoltà ma il lavoro è la chiave di ogni cosa».

Una filosofia pragmatica che rispecchia il percorso personale di chi è partito da zero, in un paese straniero, e ha costruito la propria carriera mattone dopo mattone, allenamento dopo allenamento.

Quanto alla domanda sul numero di gol che intende segnare con la nuova maglia, Cani mantiene un profilo basso e orientato al collettivo: «Non mi pongo mai numeri, ma più che altro di aiutare la squadra in ogni modo che posso e se i gol vengano da me o dagli altri, l'importante è raggiungere il traguardo».

La vicenda di Edgar Cani rappresenta un esempio significativo di integrazione riuscita attraverso lo sport. Dal bambino rifugiato politico al professionista della Serie A, il suo percorso dimostra come il calcio possa essere veicolo di riscatto sociale e realizzazione personale. Il film autobiografico presentato a Bari testimonia l'interesse per una storia che va oltre i confini del campo, toccando temi di attualità come la migrazione, l'accoglienza e le seconde generazioni.

A 36 anni, Cani continua a scrivere la sua storia sul campo, ora con i colori rossoneri della Vogherese. Una nuova pagina di un libro che ha già attraversato molti capitoli, dall'Albania all'Italia, dai campetti di Città della Pieve agli stadi della Serie A, fino al ritorno in categorie inferiori con la stessa passione e determinazione degli inizi.

La sua presenza nello spogliatoio rossonero porta non solo esperienza tecnica, ma anche una lezione di vita: quella di chi sa che ogni traguardo si conquista con sacrificio, che la sofferenza fa parte del percorso, e che il talento senza lavoro rimane una promessa incompiuta. Mentre la Vogherese lotta per la salvezza, può contare su un attaccante che ha già vinto la partita più importante: quella per costruirsi una vita partendo da quasi nulla.


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