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Dolomiti Bellunesi, Alari: «L'Atalanta mi ha cambiato la vita. Qui gruppo fantastico»

di Massimo Poerio

«L’Atalanta mi ha cambiato la vita. E mi ha aperto un mondo». Alberto Alari è una delle più intriganti novità della Dolomiti Bellunesi. Per le sue qualità fisiche, tecniche, umane. E perché alle spalle ha una storia tutta da raccontare.

Alieni - Una storia che parte dall’alta pianura lombarda. E da un colore. Anzi, due: nero e azzurro. «Sono nato a Calcinate - afferma il ventitreenne difensore - a pochi chilometri da Bergamo, e il fatto di aver giocato nel vivaio atalantino, dai 12 ai 19 anni, è stato motivo di profondo orgoglio. E lo è tuttora. Quando ero un bimbo della Grumellese e affrontavo i nerazzurri, vedevo l’Atalanta come il Real Madrid: una squadra di alieni. Non avrei mai pensato di poter far parte di un club che, invece, mi ha insegnato tutto: a stare sul pezzo, a rispettare gli altri, a lavorare nel modo corretto. Un club che mi ha formato come calciatore, ma soprattutto come persona».

Sempre a mille - Il vivaio bergamasco è uno dei più floridi d’Italia: «A livello Esordienti condividevo il campo con Alessandro Bastoni, Filippo Melegoni (ora al Genoa), Christian Capone (al Südtirol), Latte Laht (al San Gallo, in Svizzera), Enrico Del Prato (al Parma). Ed è stato così fino alla Primavera. A quel punto si sono aggregati i vari Dejan Kulusevski, attualmente al Tottenham, e Musa Barrow, al Bologna. Quasi superfluo rimarcarlo: con calciatori di questo calibro si andava sempre a mille, in ogni allenamento. E c’era tantissima competizione».

L’amico “Basto” - A proposito di Bastoni, con il difensore dell’Inter il rapporto è privilegiato: «Abbiamo legato subito. “Basto” è una bravissima persona, sempre disponibile. Insieme abbiamo giocato e vinto parecchio, pure uno scudetto Under 17. Vederlo protagonista a San Siro non mi stupisce: conosco i suoi princìpi, so quanto vale. È uno dei più forti al mondo, ha tecnica e personalità».

Favola azzurra - Alari vanta pure alcune presenze nelle Nazionali Under 18, 19 e 20: «Ho ricordi indelebili, indossare la maglia azzurra è una responsabilità immensa. Quasi una favola. Mi sono allenato con Zaniolo, Scamacca, Pinamonti, Frattesi, Sottil: giocatori da Champions League. Conoscerli dà la forza anche a me di crederci sempre. L’attaccante che più mi ha fatto soffrire? Uno svedese di origini ghanesi: Joel Asoro. L’ho affrontato quando ero sedicenne e lui militava nel Brommapojkarna».

In sella - Ma nella vita del difensore passato per la Carrarese, il Südtirol e la Pergolettese non c’è solo il calcio: «Amo la bicicletta. La uso spesso nelle pause estive, è anche un modo per allenarmi. Così come adoro il tennis». E, da qualche giorno, pure le montagne dolomitiche: «L’impatto con il nuovo ambiente si è rivelato davvero positivo. La società è molto organizzata, ne ho avuto conferma. E, in più, il gruppo è fantastico: siamo insieme solo da pochi giorni, ma è come se ci conoscessimo da un anno».


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