Giancarlo Parretti ed il calcio: da Frustalupi al triangolo Orvietana - Siracusa - Milan
Fonte: di Giuseppe Franzò
Questo pezzo su Giancarlo Parretti nasce per mettere in evidenza il rapporto che il “Leone di Orvieto” ha avuto con il calcio. A Parretti il calcio non è mai interessato particolarmente se non a livello di business: questo perché di pallone, per sua stessa ammissione, ne capiva poco o niente. Eppure il suo percorso di vita col calcio si interseca in diverse significative circostanze.
Riuscì in modo diretto (lo afferma nel libro “Il leone di Orvieto” scritto dal giornalista Gabriele Martelloni) a cambiare il destino del Milan , acquistando e cedendo poi la proprietà rossonera al Cavaliere Silvio Berlusconi nel giro di ventiquattro ore, anche se le versioni, con personaggi diversi, sono tante, e difficilmente si troverà chi realmente cedette il Milan a Berlusconi.
Giancarlo Parretti negli anni '70, '80, '90, oltre ad essere imprenditore, finanziere, direttore di alberghi, proprietario di società di calcio, riuscì ad arrivare in cima alla più grande casa cinematografica degli Stati Uniti: la Metro Goldwyn Mayer, per una scommessa fatta con l’avvocato Agnelli ed Henry Kissinger. Dopo quasi due anni fu costretto a lasciarla per motivi economici, e lui candidamente dichiarò: «La MGM è come una bella donna: l’importante è conquistarla e, dopo, quello che succede, succede…».
Giancarlo Parretti a livello di dirigente e proprietario di squadre di calcio si è interessato di tre società: Orvietana, Siracusa Calcio e Milan Calcio, sempre per motivi diversi, e mai inteso come passione vera verso una squadra. Con l’Orvietana, è stato più per affetto, perché rappresentava la sua terra natia, la tanta amata Orvieto. Nel triennio che va dal 1990 al 1993 fece parte della società dell’Orvietana come dirigente, e alla fine dopo aver speso molti soldi (circa cinquecento milioni di lire), e vinto un campionato senza sconfitte, lasciò. Nel 1980-81 diventò Amministratore Unico della società sportiva Siracusa Calcio perché era il fiduciario per i fondi che il senatore Graziano Verzotto aveva destinato al Siracusa Calcio. Per l’acquisto del Milan, invece, nel 1986 si trattò solo di business per Parretti (lui era interista e del Milan poco gli interessava), ma poi fu “costretto” da Craxi a cederla a Berlusconi, dopo ventiquattro ore. Questa una delle tante versioni che si raccontano sull’acquisto del Milan da parte del Cavaliere.
Da cameriere a proprietario della Metro Goldwyn Mayer
La storia di Giancarlo Parretti ha un inizio molto difficile sin dai primi vagiti: fu infatti abbandonato davanti al brefotrofio di Orvieto. Iniziò a lavorare in giovane età come cameriere nel ristorante “l’Ancora” di Orvieto. La prima volta che lasciò il posto a venti anni era per fare il militare; lascerà quello stesso impiego una seconda volta ma stavolta il motivo fu molto diverso. Al titolare del ristorante disse infatti: «Vado via per diventare un pezzo grosso».
Parretti fu di parola, infatti, dopo alcuni decenni, nel 1990, riuscì, con un prestito importante, ad acquistare la MGM: la casa cinematografica più importante degli Stati Uniti.
Lascita l'Ancora di Orvieto, sempre come cameriere si imbarcò su importanti navi da crociera. Conobbe molte persone influenti, e riuscì ad avviare storie, sempre a sfondo economico, con uomini politici di grosso spessore, con l’alta finanza; divenne in seguito proprietario e direttore di grandi Hotel, e amico con illustri banchieri, fece affari nel mercato immobiliare, fu editore ed altro ancora. Strinse rapporti con gli uomini più potenti di allora, come George Walker Bush, e Ronald Reagan, presidenti degli Stati Uniti.Yasser Arafat, politico palestinese, Gianni Agnelli, Henry Kissinger, fino al re del Marocco Assan II, tanto per citarne alcuni. Fece commuovere Papa Wojtyla quando proiettò in Vaticano il suo primo film dal titolo “Bernadette”, da quando era diventato proprietario della casa cinematografica francese le Pathè e della Cannon. Aveva conosciuta Lady Diana durante una raccolta di fondi di beneficenza. Innumerevoli i personaggi conosciuti del cinema a livello mondiale: Sofia Loren, Sylvester Stallone, Elizabeth Taylor, Meryl Streep, Barbara Streisand, Frank Mancuso presidente della Paramount. In Italia aveva buoni rapporti con Gianni Agnelli, Dino De Laurentiis, Bettino Craxi, Silvio Berlusconi, Gianni De Michelis e con il fratello Cesare, presidente della casa editrice Marsilio.
La sua scalata iniziò proprio con un albergo di lusso, un suo pallino, che si affacciava sul mare tra Capo Passero e Noto in Sicilia. Giancarlo Parretti a 22 anni lavorava come cameriere al Savoia Hotel di Londra, e in breve tempo diventò il cameriere preferito del premier Winston Churchill. Con il fratello di De Michelis, Cesare, mise su nel 1975 una catena di quotidiani al nord Italia “I Diari”, ma ebbe pochissima vita perché il progetto non riuscì a decollare. Agli inizi degli anni 70 Parretti arriva in Sicilia e conosce il senatore Graziano Verzotto; nacquero ottimi rapporti tra i due. Parretti inizia a dirigere alcuni Hotel nel siracusano, poi, sempre nella città di Archimede, creò la catena editoriale il “Diario”, fino ad amministrare i fondi che il senatore Verzotto aveva destinato alla gestione del “Siracusa Calcio” tramite la moglie Maria Nicotra Fiorini, dopo la “fuga” a Beirut. Il senatore Verzotto fu costretto a lasciare l’Italia per lo scandalo dell’EMS (Ente Minerario Siciliano) di cui era presidente dal 1967 (i fatti-Siracusa di Corrado Cartia il 06/16/2019). Parretti, che operava nel settore degli Hotel, divenne anche direttore del Grand Hotel Villa Politi a Siracusa. Nella città aretusea conobbe il finanziere Florio Fiorini, titolare della società Sasea. In seguito, diventerà socio di Parretti per scalare prima l’industria cinematografica francese Pathè e Cannon per poi per arrivare attraverso un grosso prestito, oltre mille miliardi di dollari del Credit Lyonnais, all’acquisto nel 1990 della Pathé- Metro-Gold-Mayer- United Artists. È stato anche in carcere. Dichiarò: “Per essere un vero uomo d’affari, bisogna aver conosciuto l’esperienza del carcere. La galera fa parte della vita. E serve a “ripulirsi” dagli amici fasulli”.
Nel 2013 Giancarlo Parretti decide di raccontare minuziosamente al giornalista professionista Gabriele Martelloni i suoi quarant’anni di vita vissuta freneticamente in giro per il mondo, acquistando e vendendo di tutto con persone influenti a livello mondiale. Le sue memorie, ricche di aneddoti, sono state raccolte e trascritte con ampi dettagli, e con sfumature interessanti dal giornalista Gabriele Martelloni di Città Della Pieve (PG) nel libro che nel settembre dello stesso anno esce nella prima edizione: “Il leone di Orvieto” con ben 440 pagine per la casa editrice Marsilio. Gabriele Martelloni, alla fine dice: ”La realizzazione di questo libro, non è, in fondo, né un’inchiesta né una semplice intervista. È, piuttosto, un’autobiografia, oppure, meglio ancora, il racconto di una storia di vita”.
Nell’ottobre dello scorso anno a Roma Giancarlo Parretti ha ricevuto il premio “Carriera Eccellente” per essere tra quelle personalità che hanno promosso l’Italia nel mondo (Corriere dell’Umbria 04/10/2023). Oggi Giancarlo Parretti vive serenamente all’età di 83 anni nella sua amata Orvieto.
Parretti ed il calcio dall'Orvietana al Siracusa
Parretti lo ritroviamo dirigente, e proprietario di club di calcio, ma sempre per motivi differenti. Con l’Orvietana, nel triennio 1990-1993 con gli umbri che giocavano tra i dilettanti, risultava dirigente. Una scelta di cuore, rappresentando sportivamente la sua Orvieto. Al Siracusa Calcio nel 1980-81 ci arrivò perché aveva un impegno da onorare con l'allora senatore Graziano Verzotto. La presunta liason col Milan nel 1986 fu invece una parentesi brevissima fatta esclucivamente per business, oltrettutto professandosi interisita, il Milan davvero gli interessava poco affettivamente. Parretti narra, ma non esistono prove documentali alle sue dichiarazioni, che comprò il Milan da Farina, per poi cederlo solo dopo solo 24 ore a Silvio Berlusconi per “volere“ di Bettino Craxi.
All’Orvietana negli anni ‘90 diede un aiuto economico non indifferente al presidente Domenico Pizzardi come dirigente del club. L’Orvietana dopo due campionati disputati tra i dilettanti senza successo, al terzo anno 1992-93 vince il campionato senza una sconfitta, ma Parretti rimane deluso perché alla festa della promozione non si presentò nessuna delle autorità cittadine. Con rammarico Parretti ricorda: «Ci ho rimesso mezzo miliardo di lire in questo progetto, e neanche un grazie… Spero solo che il mio amico d’infanzia ne sia rimasto orgoglioso lassù in cielo».
Sempre nel “Il leone di Orvieto” parla della sua giovinezza del suo amichetto d’infanzia, piccolo e gracilino, con un dono divino nel palleggiare, dribblare e disegnare traiettorie con il pallone da 40 metri. Insieme hanno giocato pomeriggi interminabili su campi polverosi ad inseguire la sfera di cuoio. Parretti lo si vedeva sin dai primi approcci che con la palla non aveva un buon rapporto e neppure simpatia a rincorrere una sfera di cuoio grossa e pesante. Sapete dove giocano quei ragazzini con le sue caratteristiche se vogliono far parte di una squadra? In porta; visto che difficilmente si usano i piedi, tranne per rilanciare la sfera il più lontano possibile, e si gioca più con le mani. Alla fine, smette di giocare: «Mi sono stufato – disse - perché prendevo sempre gol». Il suo amico Mariuccio (diminutivo di Mario per il suo fisico mingherlino) diventava sempre più bravo, un vero campioncino che era destinato a fare strada nel grande calcio.
Era Mario Frustalupi, genio ambidestro, che in futuro diventò in campo mente pensante della Sampdoria, Inter e Lazio. Iniziò a giocare con l’Orvietana dal 1957 al 1960, per poi passare alla grande Sampdoria, ma fu subito girato all’Empoli in Serie C, per poi ritornare a Genoa sponda blucerchiata. Nell’Inter sostituì Luisito Suarez e vinse uno scudetto, arrivando alla finale della Coppa dei Campioni. Nella Lazio di Tommaso Maestrelli, trascinò l “Aquila” verso lo scudetto del 1974. Nell’aprile del 1990 perse tragicamente la vita in un incidente stradale nei pressi di San Salvatore Monferrato (AL) mentre stava raggiungendo la famiglia in vacanza.
Parretti ed il Siracusa Calcio: all in su Pesaola per 55 milioni ma arriva la retrocessione
Giancarlo Parretti arriva anche a Siracusa perché intravede un business con gli alberghi belli ed interessanti che si trovano nel circondario aretuseo. Conosce il senatore Graziano Verzotto, e instaura un ottimo rapporto di amicizia. Quando il senatore Verzotto dovette abbandonare l’Italia per lo scandalo EMS, Parretti divenne il fiduciario dei fondi che Graziano Verzotto aveva destinato alla gestione del “Siracusa Calcio”. A Siracusa Parretti diventa editore del quotidiano “Il Diario”. Prese in mano la squadra di calcio all’inizio del campionato di Serie C1 nel 1980-81 dopo un agitato incontro con il gruppo Imbesi-Cassone, subentrò al dimissionario dott. Claudio Cassone. Giancarlo Parretti arriva in extremis a dare le dovute garanzie alla Lega per il mutuo di 350 milioni. Da subito Parretti vuole formare un organico che lotti per la promozione in Serie B, poiché desidera ripagare i tifosi che avevano sottoscritto 2.200 abbonamenti per un incasso di circa 400 milioni di lire. Si parte dalla riconferma del tecnico Carlo Facchin (che aveva vinto con gli azzurri nel 1978-79 il campionato di C2 e la Coppa Italia Semiprò), e il d.s. Giusto Lodi. Parretti, tramite i buoni rapporti che intercorrevano tra il d.s. azzurro di Bomporto (MO) ed il d.s. della Lazio Luciano Moggi, fece arrivare il difensore Valentini, il mediano Polverino, il centrocampista Labonia, e l’attaccante Piochi. Da altri club arrivano Sabatini attaccante del Perugia, Bortot attaccante dal Catania, e dalla Lucchese il difensore Nobile. Si va in ritiro a Marsciano (PG). Inizia il campionato, ma dopo alcune giornate il Siracusa non decolla e non accenna a riprendersi, con Parretti che è tentato di esonerare Facchin. Gli concede qualche settimana, ma i risultati che si susseguono non sono confortanti, e Parretti decide di esonerare Facchin ed affidare la squadra a Paolo Lombardo, in attesa di trovare un tecnico capace di risollevare le sorti della squadra. Dopo Facchin va venire Chiricallo, un buon nome per la serie C. Al sabato, all’interno della Villa Politi, dove alloggia Chiricallo, ne succedono delle belle.
Il giorno dopo la squadra gioca in casa contro la Paganese e inaspettatamente il Siracusa, dopo essersi portato in vantaggio, regala la vittoria alla squadra campana. Nicola Chiricallo ritorna a casa; troverà posto a Nocera dopo pochi giorni. Entra in scena Paolo Lombardo, allenatore in seconda e corsista a Coverciano. Pochi giorni ed ecco che si contattano nuovi tecnici: Del Noce, allenatore di seconda categoria, vissuto sempre tra le squadre siciliane di Serie D, e Oscar Massei, ex allenatore del Lecco con breve “fuga” in Svizzera senza successo. Negli spogliatoi, dopo che entrambi avevano assistito, ognuno per conto proprio, ad un incontro amichevole degli azzurri si trovano faccia a faccia e incominciano ad imprecare contro la società per la scarsa correttezza. Del Noce va via subito, Massei si ferma due giorni poi fa le valigie. Intanto Giancarlo Parretti cerca un tecnico capace di dare stimolo alla squadra e al pubblico stesso.
Parte per Roma e s'incontra con Luciano Moggi, e gli racconta la situazione che persiste a Siracusa, e Moggi gli dice di prendere un allenatore «boom». Gli indica Pesaola che è ritornato in Italia fresco dopo la parentesi Grecia.
Nel frattempo, il mensile calcistico a tiratura nazionale “TuttoB/C” diretto da Alfio Tofanelli, dove io collaboravo, mi chiede un’intervista a Giancarlo Parretti sull’ingaggio del tecnico Bruno Pesaola, e sulla situazione del momento in casa azzurra. Grazie all’interessamento del giornalista Saretto Leotta, che lavorava al giornale “Il Diario” di proprietà di Parretti, mi fissò l’appuntamento al Grand Hotel di Villa Politi. Vado a fare l’intervista, e mi imbatto in un Parretti nervoso perché desiderava veramente portare il Siracusa in Serie B. Voleva soddisfare le ambizioni dei tifosi che avevano risposto alla grande alla campagna abbonamenti. Era pentito di aver concesso troppa fiducia a Facchin dopo le prime sconfitte. Mi disse: «L’acquisto di Pesaola è stato fortemente voluto da me. Nessuno credeva che facessi sul serio. Neppure Luciano Moggi d.s. della Lazio che pure me l’aveva suggerito. Gli ho telefonato e poi ci siamo incontrati per definire i dettagli. Pesaola spesato di tutto viene a costare al Siracusa 55 milioni annui. E dico che non è una cifra esosa se si pensa che Facchin ne prendeva 32 milioni in un anno». Mi fece vedere il bilancio che poi pubblicai insieme all’articolo. Con Pesaola le cose non andarono per come Parretti aveva pronosticato. Il Siracusa non riesce ad uscire dalle sabbie mobili della bassa classifica, e alla ventiquattresima giornata gli azzurri si trovano al penultimo posto in classifica. Via Pesaola e ritorno alla guida della squadra ancora Paolo Lombardo, che avrebbe dovuto evitare la retrocessione, ma ormai tutto era stato compromesso. Alla fine del campionato il Siracusa ritorna in C2, dopo due anni di C1, al penultimo posto con ventitré punti realizzati, con sei vittorie e undici pareggi.
Parretti è il nuovo proprietario del Milan ma lo cede in 24 ore
Sulla vendita del Milan a Silvio Berlusconi ne sono state dette e scritte tante. Molti si attribuiscono la paternità per aver consigliato, o venduto la società rossonera al proprietario della Fininvest, con testimonianze più o meno accettabili.
Dalle ricerche effettuate abbiamo letto diverse “verità” raccontate, che portano tutte alla vendita del Milan a Silvio Berlusconi. Noi riferiamo di seguito le versioni che siamo riusciti a verificare con interviste tramite i giornali, libri pubblicati ed altro dell’epoca.
Nel libro di “Il leone di Orvieto”, Giancarlo Parretti racconta a Gabriele Martelloni, il giornalista che scrive la storia di Parretti, come comprò il Milan Calcio da Giuseppe Farina per rivenderlo dopo appena ventiquattro ore al Cavaliere su “insistenza” di Bettino Craxi. “Giancarlo Parretti riceve una telefonata da Danilo Luca, suo collaboratore a fine febbraio. Giussy Giuseppe Farina, presidente del Milan, era in Africa, in quanto la procura di Milano aveva deciso di emettere un mandato di cattura a suo nome. Farina temeva che qualcuno potesse sottrargli il Milan a buon mercato, tentò la carta Cabissi-Parretti. Al telefono il collaboratore di Parretti spiegò al finanziere orvietano che il presidente del Milan avrebbe fatto arrivare una valigia piena di titoli con la procura a suo nome per la cessione del Milan. In sostanza gli avrebbe regalato la squadra del Milan.
Il giorno seguente, i giornali sportivi – è sempre Parretti che narra la vicenda – avevano scritto che in pratica Parretti comprava il Milan per conto di Gianni De Michelis. La cosa aveva mandato Bettino Craxi su tutte le furie. Il Presidente del Consiglio si consultò con Franco Carraro, e allertato i fedelissimi su una possibile operazione di De Michelis per conquistare più potere a Milano.
De Michelis, che si trovava in Spagna, non sapeva niente dell’operazione di Parretti ed era stato il primo a stupirsene e, appena tornato in Italia, aveva subito chiamato Parretti per capire meglio la situazione. A Giancarlo Parretti arriva una telefonata mentre si trovava a Parigi. Era Craxi. Gli aveva accennato del suo “sospetto” e, con un ordine perentorio, gli aveva detto di vendere il Milan a Berlusconi per dimostrare che il suo “sospetto” era infondato. Parretti che aveva concluso l’operazione Milan soltanto come un business ed era in perfetta buona fede, gli disse di non avere problemi al riguardo. «Allora vai a Milano – disse il Presidente del Consiglio – e vendiglielo». Parretti si irritò un po’ e disse: «Bettino, ora vuoi troppo. Digli che se lo vuole, venga a Parigi. Negli affari è il compratore a muoversi».
Dopo qualche ora, gli arriva una telefonata di Marinella Brambilla stavolta, segretaria personale di Berlusconi. Gli aveva dato appuntamento per l’indomani, alle dieci di mattina, nell’appartamento parigino di Goffredo Lombardo, produttore cinematografico italiano e capo della Titanus. Alle dieci in punto Berlusconi fa il suo ingresso nel salone. Non conosce personalmente Parretti, anche se avevano fatto affari in precedenza, e nonostante avessero avuto un importante amico in comune: Bettino Craxi. Si intrattengono a parlare per pochi minuti, poi Berlusconi gli chiede se abbia parlato o meno con Bettino Craxi. Parretti con un gesto annuisce e gli evidenzia quello che vorrebbe in cambio della cessione del Milan.
Parretti dice al Cavaliere: «Io sono interista, ma mio figlio Mauro purtroppo preferisce i rossoneri. Mi piacerebbe che avesse una piccola partecipazione in società; ma soprattutto, visto che ci sarà da ristrutturare lo stadio, vorrei che lei, Cavaliere, favorisse Cabassi perché si aggiudichi quei lavori”. Berlusconi gli stringe la mano assicurando che tutto sarebbe andato come d’accordo. Peccato che invece non manterrà nulla di tutto questo. “L’unica cosa che ottenni – chiosa Parretti – dalla cessione del Milan fu l’orologio del centenario per mio figlio. Non pagò neanche la fattura del commercialista. L’ho conservata».
Questa la versione di Giancarlo Parretti, che racconta nel suo libro, per l’acquisto del Milan Calcio da Giuseppe Farina a Parretti, e alla vendita del Milan, nel giro di ventiquattro ore, a Silvio Berlusconi.
Sul giornale “La Stampa” datato 21 febbraio 1986 a pagina 24 a firma di g.gand (Giorgio Gandolfi?) scrive: «Nella sede del Milan, Berlusconi da ieri (pertanto la data precisa del passaggio di proprietà del Milan a Silvio Berlusconi risale al 20 febbraio 1986) ha acquistato le azioni del Milan intestate a “Rete Italia”, una delle consociate del gruppo Fininvest, alle ore 12,00. Erano presenti il commercialista Polverini, Paolo Berlusconi, Messinese, Cadeo, Vittadini, Gianni Nardi, il professore Casella e l’avvocato Nanni».
Dal libro “Le corna del Diavolo” di Carlo Petrini si legge che Berlusconi il 20 febbraio 1986, mentre la procura di Milano emette un ordine di cattura contro Farina, latitante in Sudafrica, qualche ora prima che il tribunale civile delibera l’amministrazione controllata, arriva la notizia che il Milan è della Fininvest. Il nuovo presidente del Milan Calcio Silvio Berlusconi annuncia: «Sarò io il nuovo presidente della società con mio fratello Paolo e Gianni Nardi vicepresidente». Silvio Berlusconi divenne il 21° presidente del Milan.
Da un’intervista tratta da “magliarossonera.it” del 28 marzo 2008, il dott. Gianni Nardi, che era anche vicepresidente nella gestione Giussy Giuseppe Farina, evidenzia tutti i passaggi che fece per consegnare il Milan a Berlusconi.
Da un’intervista di Roberto Omini su “Forza Milan” 1985-86 a Rosario Lo Verde, dirigente del Milan, prima come consigliere, vicepresidente e poi presidente provvisorio dal gennaio 1986 a marzo 1986, esce fuori che Lo Verde nel corso dell’assemblea dei soci in data 8 gennaio 1986 accetta di diventare presidente provvisorio del Milan Club. Dirà poi: «Mi limiterò a fare il notaio del Milan, registrerò il passaggio di consegne tra Farina e Berlusconi. Voglio restare in carica meno tempo possibile. Ho accettato per il bene del Milan. Quando sarà il momento rientrerò nei ranghi. Se Berlusconi vorrà, potrei restare. Altrimenti me ne andrò senza farne una malattia».
Chi era Rosario Lo Verde? Era un siciliano vecchio stampo, nato a Palermo il 09/07/1914 (deceduto il 28/03/ 2008 a Milano). Si trasferì a Milano agli inizi degli anni Quaranta. Si laureò in Economia e Commercio, e nel 1952 intraprese l’attività di immobiliarista. Nel 1978 diventò consigliere del Milan fino all’avvento di Farina, nel 1983 divenne vicepresidente del Milan. Con le dimissioni di Farina nel 1986 Lo Verde divenne il ventesimo presidente nella storia del Milan. Lo Verde con Gianni Nardi riuscì a tenere in vita economicamente il Milan in attesa di un nuovo proprietario. Rosario Lo Verde resta alla presidenza fino al 24 marzo 1986, giorno in cui il Milan passò nelle mani della Fininvest di Silvio Berlusconi.
Il 13 giugno 2023 il giornale L’Arena a firma di Alessandro De Pietro pubblica un’intervista a Francesco Farina, figlio di Giussy Farina, dove fornisce una versione “nuova” sulla vendita del Milan a Silvio Berlusconi con aneddoti interessanti.
«Nei primi anni Ottanta Berlusconi offrì a mio padre – dice Francesco Farina - quindici miliardi per avere il Milan. Mio padre ne chiese venti di miliardi e Berlusconi disse di no alla richiesta, senza mai incontrarsi personalmente. D’altronde mio padre aveva in bianco un assegno di Paolo Mantovani, presidente della Sampdoria, che voleva Franco Baresi a tutti i costi. Il Milan Farina lo aveva venduto di fatto al petroliere Giampiero Armani. La sera prima di andare dal notaio ad Armani arrivò una telefonata di Bettino Craxi. “Questa cosa non è per te” gli disse. Il giorno dopo dal notaio non si presentò nessuno. “Pochissimo tempo dopo la Finanza – continua Francesco Farina - entrò nella sede del Milan per mancati pagamenti Irpef, e la società finì in prefallimento, acquisita poi da Berlusconi direttamente dal tribunale coprendo tutti i debiti. Soprattutto quelli nei confronti dello Stato. Pagandola naturalmente molto meno di quanto non valesse in effetti».
Queste versioni diverse estratte da giornali dell’epoca, con interviste fatte ad alcuni personaggi interessati nella vicenda Milan come il dott. Gianni Nardi, Giancarlo Parretti, Rosario Lo Verde oppure il figlio di Giussy Farina, Francesco, non chiariscono come andarono realmente i fatti sulla cessione del Milan al Cavaliere. L’unica cosa certa è che Silvio Berlusconi, acquistando il Milan Calcio, la rese una delle squadre di calcio più titolate al mondo.