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Da portiere a centravanti, la favola di Grosso: «Una sfida che ho vinto»

di Nicolas Lopez
Fonte: Secolo XIX

Suo padre Leo è stato lo storico vicepresidente dell’Assocalciatori e lui ne sta seguendo le orme. Proprio in questi giorni Edoardo Grosso si è fatto promotore di un incontro fra una rappresentanza di giocatori di Eccellenza e il presidente Ivaldi: «Abbiamo chiesto tre cose - spiega - la prima è la possibilità di allenarsi vicino a casa in un altro campo per i giocatori che abitano lontano dalla sede della propria squadra. La seconda, in caso di turni infrasettimanali, la calendarizzazione di trasferte brevi e alla sera per permettere a chi lavora di partecipare alla partita: ad esempio se noi del Molassana dovessimo giocare di mercoledi a Fezzano non potremmo farlo alle 15. La terza, qualora si ricominci a giocare, l’obbligo di fare un tampone a tutti i componenti delle squadre al venerdi, 48 ore prima di giocare, per avere una fotografia delle condizioni di salute dei giocatori, insomma applicare almeno in parte il protocollo utilizzato dalla Serie D».

«La LND - prosegue Grosso ha attivato una convenzione che consente di fare tamponi a 9,5 euro, e il presidente Ivaldi ha fatto intendere che la FIGC cercherà di aiutare le società. Non tutti sanno che chi ha avuto il Covid è obbligato a rifare una visita di idoneità sportiva con vari test, raggi al torace, elettrocardiogramma da sforzo, insomma una visita costosa e approfondita».

Grosso lo ha vissuto sulla sua pelle: «Sono stato contagiato, chiuso 26 giorni in una stanza, dopo che un nostro compagno che aveva solo due linee di febbre era risultato positivo prima della trasferta a Fezzano: se fossimmo andati a giocarla in pullmann e al ristorante potevamo provocare un disastro». Sulla ripresa Grosso ha le idee chiare: «Non importa quando, ma, quando sarà, dobbiamo essere pronti. Dipende tutto da Governo e Comitato Tecnico Scientifico, ma finchè non si potranno utilizzare gli spogliatoi o non saranno possibili gli allenamenti con il contatto è inutile riprendere. Spero che il 15 gennaio ci si possa allenare ma non me la sento di fare pronostici».

«Allenarsi oggi secondo le regole ha un senso -osserva Grosso- ma se qualcuno lo ha fatto come se nulla fosse ha avuto una grave mancanza di rispetto nei confronti di chi si è attenuto al protocollo. Non penso tuttavia che ci siano stati miei colleghi che abbiano voluto allenarsi a tutti i costi per non perdere il rimborso: fa comodo, ma il problema è molto più grande».

La volontà di difendere i diritti dei calciatori è sempre stato un suo pallino: «Sono cresciuto a pane, pallone e sindacato. Mio padre è presidente del Fondo Fine Carriera Calciatori ed è stato a lungo vicepresidente AIC, diciamo che qualcosa ho imparato». Da portiere invece Grosso si è trasformato centravanti. Scelta definitiva? «Portieri si nasce e si rimane, ma oggi sono a tutti gli effetti un attaccante, una sfida che credo di aver vinto, voglio fare gli ultimi anni da punta e divertirmi. So di essere un caso più unico che raro, ma al di là delle doti tecniche o fisiche, c’è voluta la forza di fare questa scelta. Nella mia carriera ho vissuto tante emozioni, sono stato fuori Genova, ho giocato in stadi da serie A, ma volevo uno stimolo diverso».

Ha dimostrato che un portiere può giocare in attacco, ma viceversa? «Che un attaccante si improvvisi portiere è molto più difficile. Il portiere ha un mix di talento, tecnica e istinto che gli permette tanto. Per un giocatore di movimento diventare portiere a 30 anni è molto difficile, a 15 anni magari si può. Ballotta e Sorrentino sono andati a giocare davanti, ma solo a fine carriera». Oggi Grosso è un attaccante del Molassana: «Abbiamo un solo obiettivo, la salvezza. Siamo una squadra di giovani con qualche vecchietto. Il mio rammarico più grande è non poter vivere lo spogliatoio. Abbiamo grande fiducia in Pandiscia e lo stiamo seguendo con grande trasporto». Il suo partner Tracanna è partito alla grande: «Andrea ha la voglia giusta per diventare giocatore, sa di doversi allenare ogni giorno per migliorare. Per fare il salto da dilettanti a Pro la testa è fondamentale, e devi trovarti al posto giusto nel momento giusto: ho visto tanti presunti fenomeni in Eccellenza e Promozione, ma questo è un mondo di pescecani e non è facile emergere».


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