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Quindicimila chilometri per allenare, la storia di Bertoni

di Massimo Poerio
Fonte: gazzetta dello sport

L a telefonata a casa Bertoni è arrivata in Italia a Santo Stefano e ha portato in regalo una sorpresa: «Ho una panchina per te, ma... dall’altra parte del mondo». Mauro Bertoni è un ex difensore di quelli di una volta: piedi buoni, senso tattico e carisma da vendere. Dopo una carriera in C tra Emilia e Lombardia, dopo la parentesi magica della doppia promozione con la Cremonese (2003­05), il bresciano ha intrapreso la carriera di allenatore, tra dilettanti e giovanili. Ma l’Italia gli andava stretta e così ha deciso di insegnare ai ragazzi, tra Usa e Australia, con breve parentesi in Pianura Padana, ultima delle quali da tecnico del Ciserano in D. Poi Bertoni ha ricevuto la chiamata di un amico australiano, che gli ha proposto l’Amicale Fc, club più importante delle Vanuatu. Uno sguardo all’atlante, il confronto con la famiglia e ogni dubbio è sciolto: si parte per Port Vila, capitale della Repubblica e principale città dell’isola di Efaté, una delle 83 che compongono l’arcipelago. Un viaggio di tre giorni, ricompensato dalla bellezza di quell’angolo di mondo tutto da scoprire e dall’acco
glienza all’arrivo: «Meravigliosa. Ho incontrato persone molto disponibili, pronte a collaborare e a imparare. Certo, qui è un paradiso e un paradosso allo stesso tempo e non è facile fare l’allenatore. Le condizioni sono estreme sotto tutti i punti di vista, i ritmi e le strutture rimangono quelle di un piccolo Paese tropicale, dove manca quasi tutto, ma povertà e serenità insieme sono quello che più mi ha colpito di questa gente». Molto religiosi Sorrisi, umiltà e gentilezza, una lingua (il bislama) cugina dell’inglese e un calcio da far maturare, anche se già venato di Europa e Sud America: «La squadra è composta da giocatori di varie provenienze, pochi di loro con esperienza pro ­ spiega l’allenatore bresciano­. Ci sono 6 italiani: Boerchio, Liburdi, Perrone, Violi, Michele Ganz e Bertacchi; l’argentino Nadaja, uno scozzese, dei neozelandesi. Gli altri sono locali, quasi tutti lavorano, ma ci alleniamo dal lunedì al venerdì. Il sabato si gioca, la domenica è sempre libera: qui sono tutti molto religiosi e si prega prima e dopo ogni allenamento, in cerchio, tenendosi per mano. Come la vivo? Molto seriamente, com’è giusto fare in un Paese straniero, rispettando le abitudini locali». Tre mesi di contratto, con un unico obiettivo: la Champions dell’Oceania che si gioca dall’8 aprile in Nuova Zelanda: «Affronteremo i padroni di casa dell’Aukland, campioni delle ultime 5 edizioni, e due club dalle Isole Salomone e Papua». E se le cose dovessero andare benissimo ha già un’opzione per allenare l’Amicale al Mondiale per club: «Difficile, quasi impossibile. Ora penso a vivere nel modo più intenso e scoprire tutto ciò che posso; poi torno negli Usa a insegnare calcio».


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